di Jolanda Ferrara

«Concerti silenziosi nel verde
per rilanciare l’Abruzzo»

Il musicista aquilano racconta i suoi progetti per la regione dopo la quarantena
«A passeggio sugli altipiani ognuno per conto proprio con cuffie per l’ascolto»
L’INTERVISTA»STEFANO FONZI
di Jolanda Ferrara«Green silent concert nel verde degli altipiani abruzzesi d’estate, occasione straordinaria per ascoltare buona musica e valorizzare il territorio. Passeggiare ognuno per conto proprio dotati di cuffie per l’ascolto e scarpe buone per camminare negli scenari naturali che in Abruzzo abbondano, la tecnologia ci aiuta». Stefano Fonzi, 42 anni, musicista e compositore aquilano di origini marsicane, la butta lì spontaneamente nel corso della chiacchierata con il Centro, pensando alla sofferenza di chi gravita nel campo artistico e si è ritrovato improvvisamente disoccupato per il rischio contagio da Covid19. Fonzi, definito nel 2007 dalla rivista Guitar Club «il vero erede musicale di Ennio Morricone», non ci pensa due volte e rilancia la proposta al collega Angelo Valori, direttore artistico del Pescara Jazz, che ha detto di essere «in cerca di soluzioni alternative» per poter dare corso all’edizione 2020 dello storico festival pescarese oscurato come tutti i grandi e piccoli spettacoli dal vivo dal divieto di assembramenti. Fonzi, la sua è una proposta per i mesi caldi in arrivo, peraltro già sperimentata e con successo in regioni che hanno viva la cultura della montagna. Cosa manca all’Abruzzo per attivare la modalità silent concert all’aperto?«Strutturalmente all’Abruzzo non manca nulla, non sono io a dire che abbiamo un territorio meraviglioso che non ha eguali al mondo. Occorre lungimiranza da parte dei direttori artistici, quello sì. Già due anni fa io stesso presentavo una proposta simile ambientata nei magnifici scenari di Campo Imperatore, dove poter ascoltare musica in cuffia nel raggio di un chilometro. Una strada percorribile per dare un segno alla cultura, tutti ne abbiamo bisogno per vivere, i nostri figli non possono crescere davanti a un tablet».Concerti silenziosi: in quali contesti naturali e con quale musica preferibilmente? «L’Italia ha un patrimonio culturale che non si può mettere in disparte quindi va bene qualunque luogo e qualsiasi forma di musica, colta, popolare, folk. C’è bisogno di cultura per arricchire le persone contrariamente a quanto detto dal presidente Conte che ha definito gli artisti “quelli che tanto ci fanno divertire”». Come immagina lo svolgimento di un concerto silenzioso nella natura? «Semplice, si arriva in quota in auto, si noleggia la cuffia e mentre si ascolta buona musica si ammira il panorama, si passeggia, si respira aria buona, si scopre il territorio senza aggredirlo. Tutte cose belle alla portata di chiunque durante le ferie di luglio e agosto, di giorno, perché no, con matinée. Un chilometro di cammino da Campo Imperatore al rifugio Duca degli Abruzzi, per fare un esempio».Nessun rischio assembramenti? «Gli utenti con cuffia possono essere quanti si vuole, in montagna ognuno sceglie il suo percorso, non è come in piazza al festival jazz di Moncalieri dove l’anno scorso abbiamo contato seicento persone come fosse in discoteca. Il problema semmai è per l’orchestra che non puoi sparpagliare per non perdere l’intonazione e l’assieme. Ma con piccoli ensemble composti di sette- otto elementi il problema non sussiste. Per di più si tratta di allestimenti che non comportano costi eccessivi. Sono tanti gli enti musicali che potrebbero pensare ad appuntamenti di questo tipo, penso al Colibrì Ensemble, l’Officina musicale, o un semplice duo chitarra e voce, peraltro molti di questi enti stanno ricevendo fondi dal Fus per compensare il periodo di crisi».Quanto sta soffrendo il fare musica? «Moltissimo. Migliaia di persone sono ferme a casa, tutto l’entourage che gravita attorno a un artista. Il singolo artista può vivere di rendita dai suoi cachet, ma per chi ha investito milioni di euro in impianti audio e luci sono dolori. Ricordiamo che in Abruzzo ha sede la più grande società europea che allestisce concerti dei più grandi nomi. In tivù invece vediamo solo artisti che si lamentano di non poter lavorare». Com’è stato il suo lockdown? «Vivendo in campagna a Magliano dei Marsi non solo ho maturato l’idea dell’house concert, ho avuto tempo per studiare, scrivere, è un bel periodo per progettare. Ho capito che c’è stato un cambiamento, sto implementando videocorsi sulla didattica dell’orchestrazione e dell’arrangiamento, una piccola università della musica online che conta attualmente oltre duecento utenti, autori e produttori importanti e anche studenti stufi dei tradizionali corsi in conservatorio. Inoltre ho scritto musiche importanti, musica che mi piace tanto e che avevo dentro. Nella solitudine imposta dall’emergenza vivi protetto nella tua famiglia ma ti rendi conto che fuori c’è un mondo che soffre, un artista sente di dover esprimere qualcosa di più profondo, qualcosa che dica di più di sole-cuore-amore».Progetti di attività concertistica? «Per il momento è tutto fermo, ho necessità di avere un’orchestra e ogni strumentista ha problematiche proprie in questo frangente, tipo i fiati che emanano droplet e che certo non possono suonare con la mascherina». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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